La musica e le emozioni

La musica è entrata talmente tanto a far parte della nostra vita quotidiana che la sua presenza oramai è data per scontata. Fa da cornice agli eventi più importanti, così come nei gesti più semplici della vita di tutti i giorni. Basti pensare alla marcia nuziale di un matrimonio, alla canzoncina di buon compleanno, alla messa della domenica mattina, alla ninna nanna. E ancora, la si ascolta per radio mentre si va al lavoro, con gli auricolari mentre si va a correre o in palestra, mentre si attende di parlare con un operatore telefonico, dal parrucchiere. Se poi ricollegassimo alcune canzoni a momenti della vita di ognuno di noi, gli esempi sarebbero infiniti.

A chi non è mai capitato di piangere sulle note di “Nessun rimpianto” degli 883 dopo una relazione finita? Chi non ha mai dedicato una canzone romantica al proprio partner? Quanti si ricordano delle vacanze estive ripensando alle hit più in voga quell’anno? Chi non ha mai ballato YMCA o la macarena in riva al mare?

Verrebbe naturale pensare che nei momenti tristi, quando ci si sente giù di morale, la cosa più semplice sarebbe alzare la musica a tutto volume, magari con canzoni allegre e spensierate. Eppure non è sempre così. Quando viviamo un brutto momento, spesso viene l’istinto di chiuderci in camera e crogiolarci nel nostro dolore, ascoltando quella canzone che ci ricorda tanto quella persona che ci ha ferito, o per la quale soffriamo. Ma che cosa ci spinge a scegliere quel brano specifico, in quel preciso momento, piuttosto che un altro? Scegliamo una canzone per il testo, o per la melodia? Cosa ci aspettiamo dall’ascoltare musica quando siamo tristi?

Lo scopo di questo articolo è comprendere il motivo per cui preferiamo ascoltare un certo tipo di musica quando sperimentiamo situazioni avverse, focalizzando l’attenzione sulle differenti funzioni e sugli effetti che l’ascolto della musica triste produce. L’analisi di questi fattori può essere importante al fine di comprendere in che modo la musicoterapia può essere di supporto alla pratica clinica, e in che modo può essere un valido strumento all’interno di un approccio multidisciplinare per migliorare gli effetti della psicoterapia nel trattamento di differenti disturbi.

Nonostante la musicoterapia si sia fatta largo nel panorama clinico-psicologico solo nel secolo scorso, le origini della musica sono ben più lontane. Già nell’antica Grecia la musica aveva un ruolo preponderante, tanto da attirare l’attenzione di studiosi come Platone e Pitagora. Da allora sono stati sempre più numerosi gli studi intorno alla natura del linguaggio musicale. Per Wackenroder la musica esprime il mondo delle emozioni (Wackenroder, 1814) per Meyer la musica susciterebbe aspettative da appagare (Meyer, 1956), mentre secondo Fonagy il linguaggio verbale e quello musicale avrebbero la stessa origine (Fonagy, 1983).

Le origini della msicterapia possono essere fatte risalire agli anni ’50, quando medici e psichiatri di varie parti del mondo (tra i quali Benenzon in Argentina, Wigram in Gran Bretagna e Lecourt in Francia) hanno iniziato ad interessarsi al possibile coinvolgimento del ruolo clinico della musica nel processo terapeutico(Scarso et al., 1998). Iniziava dunque a farsi largo l’idea che la musica potesse inserirsi in una pluralità di interventi multidisciplinari (Parenti, 1983), al fine di raggiungere diversi obiettivi, tra cui:

  • acquisire abilità psicomotorie (o intellettive);
  • facilitare le relazioni interpersonali incoraggiando l’uso di un linguaggio non verbale;
  • migliorare le capacità di insight;
  • contenere i propri vissuti emotivi;
  • migliorare l’espressività del Sé corporeo.

Quest’ultimo punto si riferisce in particolar modo all’associazione di musica e danza, che favorirebbe la comunicazione non verbale, modulando la distanza interpersonale (Scarso et al., 1998).

Musica e strategie di ascolto

L’ascolto della musica può assolvere molteplici funzioni, tra le quali assume particolare importanza quella contenitiva. Non a caso, capita spesso di ascoltare brani già conosciuti, probabilmente per ricercare vissuti già provati. Altre volte l’ascolto di determinati brani ci permette di “rievocare” momenti nostalgici, altre ancora la musica rappresenta una sorta di “evasione”, e consente un distacco dalla realtà, seppur momentaneo.

Ed ecco che allora si possono instaurare molteplici relazioni nei confronti della musica, come quella di dipendenza, di compensazione, di difesa,comunicazione o collaborazione. Ne è un esempio l’avvento della musica rock, che ha permesso ai giovani di identificarsi in una cultura diversa rispetto a quella degli adulti, riconoscendosi come gruppo.

Per queste ragioni l’ascolto della musica, unitamente alla scelta dei brani da ascoltare, ha suscitato l’interesse degli studiosi, che negli ultimi anni si sono occupati degli effetti causati dalla scelta di specifici brani, e del motivo per il quale si scelgono alcuni brani piuttosto che altri. Le persone infatti, usano strategie differenti per la scelta musicale e tale scelta dipenderebbe in primo luogo dagli obiettivi che ogni individuo ha per affrontare una specifica situazione (Chen et al., 2007, DeNora, 1999; Lonsdale & North, 2011; Saarikallio & Erkkilä, 2007; Thoma, Ryf, Mohiyeddini, Ehlert, & Nater, 2012).